Evoluzione del lavoro nel Terzo Millennio: lo Smart Working, le Grandi Dimissioni e il Quiet Quitting

Evoluzione del lavoro nel Terzo Millennio: lo Smart Working, le Grandi Dimissioni e il Quiet Quitting


A gennaio del 2023, la Legge di Bilancio aveva apportato modifiche alle agevolazioni dello smart working destinate ai lavoratori con figli sotto i quattordici anni, restringendo tali benefici solo alle categorie di lavoratori considerati fragili, e incoraggiando molti dipendenti a tornare in ufficio. Ora, il Decreto Milleproroghe ha ripristinato la situazione precedente, estendendo lo smart working fino alla fine di giugno, ma limitandolo al settore privato.

Nonostante le controversie scaturite dall'iniziale restrizione dell'accesso allo smart working, questa modalità di lavoro non ha realmente preso piede in Italia. Attualmente, solo 2 milioni di lavoratori sono coinvolti in questa pratica. Secondo i dati più recenti dell'Inapp, solo il 14,9% dei lavoratori svolge almeno parte del proprio lavoro in modalità remota, nonostante il potenziale coinvolgimento del 40% della forza lavoro nel Paese. Questa opportunità è principalmente sfruttata da lavoratori laureati, dipendenti di grandi imprese e coloro che operano nei settori dei servizi o della pubblica amministrazione.

Sebbene il 2020 sia stato un anno in cui lo smart working ha conosciuto una crescita significativa, dovuta alla pandemia, con un aumento dell'8,9% rispetto al 2019, dopo il periodo iniziale di lockdown e con la graduale ripresa delle attività, si è verificato un rallentamento. Molti sembrano desiderare un ritorno alla normalità anziché abbracciare un cambiamento più radicale nell'organizzazione del lavoro.

Sebastiano Fadda, presidente dell'Inapp, ha dichiarato che non è emerso un vero cambiamento di paradigma lavorativo nel nostro Paese durante la pandemia. Sembra che l'opportunità offerta dal lavoro a distanza sia stata vanificata dalla mancanza di volontà di introdurre innovazioni significative nell'organizzazione del lavoro.

Tuttavia, per molti lavoratori, il periodo di lockdown ha portato a una riflessione sulla loro vita e sul bilanciamento tra lavoro e vita personale. Molti hanno cominciato a vedere con occhi diversi i sacrifici richiesti, specialmente quando si tratta di richieste manageriali invasive e non giustificate, come l'accesso costante alla videocamera del computer o il monitoraggio delle pause bagno.

D'altra parte, il lavoro da remoto ha offerto vantaggi significativi, come maggiore autonomia nella gestione dei compiti e dell'orario di lavoro, nonché una maggiore flessibilità che ha ottimizzato l'efficienza. Inoltre, per coloro che vivono lontano dal luogo di lavoro, il lavoro da remoto ha comportato un notevole risparmio economico e di tempo, eliminando la necessità di spostarsi almeno alcuni giorni alla settimana.

Culturalmente, si sta verificando un cambiamento nel paradigma lavorativo, con un declino del concetto di "posto fisso" e una crescente enfasi sulla qualità dell'ambiente lavorativo, sulla flessibilità, sul benessere dei lavoratori e sull'equilibrio tra vita professionale e personale. Questo cambiamento è particolarmente evidente tra le giovani generazioni, i Millennial e la Generazione Z, che non cercano solo la stabilità del posto di lavoro, ma anche un ambiente di lavoro soddisfacente.

Questi cambiamenti hanno portato all'osservazione di due fenomeni: le "great resignation" (grandi dimissioni) e il "quiet quitting" (abbandono silenzioso). Le grandi dimissioni si riferiscono all'aumento delle dimissioni volontarie verificatosi a partire dal 2020, soprattutto tra i giovani lavoratori. Le principali motivazioni di queste dimissioni includono incarichi poco soddisfacenti, mancanza di interesse per il lavoro e obiettivi poco chiari condivisi con i superiori.

Il quiet quitting, invece, è una forma di disaffezione al lavoro, in cui i lavoratori mantengono il loro impiego ma riducono la loro disponibilità a svolgere attività al di là dei compiti contrattuali, come straordinari non retribuiti o rinunce ai giorni liberi. Questo fenomeno è in crescita in Italia e riflette una visione diversa del lavoro rispetto alle generazioni precedenti.

Per affrontare questi fenomeni, le aziende devono instaurare un dialogo con i dipendenti, comprenderne le esigenze e cercare di migliorare l'ambiente di lavoro. È importante concentrarsi sulla creazione di un ambiente in cui i lavoratori si sentano valorizzati e parte di un team, anche quando lavorano da remoto.

In conclusione, il mondo del lavoro sta subendo una trasformazione significativa, con una maggiore enfasi sulla flessibilità e il benessere dei lavoratori. È importante che le aziende adottino politiche e pratiche in grado di adattarsi a questo cambiamento e di creare un ambiente di lavoro più gratificante per tutti.

AGGIORNAMENTO AL 04/2024

Una ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano ha riferito come nel 2023 i lavoratori in smart working in Italia hanno toccato quota 3,6 milioni. Questo dato è in leggera crescita rispetto agli anni scorsi e, se si considera il periodo del pre-Covid come confronto, la crescita è del 541%.

Si prevede un ulteriore crescita, seppur piccola anche per il 2024, dove si stimavano 3,65 milioni di lavoratori da remoto.

A ormai quasi due anni dalla pandemia da Covid-19 che ha dato un’importante spinta a questa modalità di lavoro iniziano ad essere visibili gli effetti di questa pratica. Da un alto il lavoro da remoto (anche solamente per due giorni a settimana) riduce l’inquinamento e le immissioni nell’atmosfera, dato che meno persone si spostano con i mezzi per andare in ufficio, contribuendo al miglioramento dell’aria; dall’altro lato emergono ricadute negative sul mercato immobiliare delle grandi città. è emerso, infatti, che a chi è concesso lo smart working (che nelle grandi imprese sale a quota un lavoratore su due) sta cercando un nuovo stile di vita andando a scegliere abitazioni più in periferia o rurali allontanandosi dai centri città.

Il 44% di chi lavora o ha lavorato da remoto, infatti, ha dichiarato di non aver lavorato “solo” da casa propria, ma di aver utilizzato anche altri luoghi della città oppure spazi di coworking.

Dunque la spinta data dal Covid-19 ha portato a un’evoluzione socio-culturale anche nel mondo del lavoro, che è destinata a perdurare ancora per molti anni e le cui conseguenze non sono ancora del tutto prevedibili.

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